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Auto-educazione e influsso sull’educazione sono cose che possono nascere dalla nostra convinzione

Aggiornamento: 19 nov 2021


È necessario far presente che, osservando attenta­mente la vita umana in un certo senso, non si ha soltanto confer­ma di quel che dice la conoscenza dello spirito, ma applicando ciò che si può imparare per la vita dalla conoscenza dello spirito, tale applicazione può anche mostrarsi molto utile per la vita stes­sa. Ci si accorgerà allora che questa utilità (e non intendo qui l’u­tilità in un senso deteriore, ma l’utilità nel suo senso migliore) in certo modo ci convincerà lentamente, anche se non vogliamo occuparci di quel che ci offre l’osservazione chiaroveggente.


E ormai noto che nel nostro tempo ci si lamenta molto di quella che viene descritta come nervosità, parola temutissima, e non fa meraviglia se alcuni esprimono l’opinione che in fondo nel nostro tempo non esistono persone che in un modo o nell’altro non siano nervose. E come non dovremmo capire in certo qual modo questa asserzione? Indipendentemente dai nessi e dalle condizioni sociali cui possiamo attribuire alcune cause della ner­vosità, esistono situazioni che possiamo caratterizzare in tal modo. Esse nella vita si manifestano nei modi più disparati. Si potrebbe forse dire che si manifestano nella forma più leggera, nella forma meno scomoda, quando l’uomo diventa tale da poter­ lo definire agitato. Vorrei caratterizzare così chi è incapace di trattenere un pensiero e di seguirlo veramente fino alle sue con­seguenze, chi salta continuamente da un pensiero all’altro, e quando lo si vuole trattenere è già da tempo passato a un altro pensiero. Spesso la forma più lieve di nervosità è una fretta della vita animica.


Un'altra forma di nervosità si manifesta nel fatto che gli uomini non sanno che cosa fare di se stessi, non sanno prendere decisioni proprio nei casi in cui andrebbero prese, e non sanno in fondo mai di preciso ciò che dovrebbero fare nelle diverse situa­zioni.


Questi stati possono poi anche progredire verso altri già più preoccupanti, in cui la nervosità si manifesta in forme che sempre più si avvicinano a veri e propri stati morbosi, per la cui genesi non si possono forse indicare cause organiche: forme morbose che possono anche simulare malattie organiche, tanto da far credere che l’individuo abbia una grave affezione gastrica, mentre è sol­ tanto affetto da ciò che si può sintetizzare con una parola: nervo­sità, termine banale e non significativo.

Quello che qui è stato accennato, senz'altro non migliorerà per l’umanità nei prossimi tempi, ma peggiorerà sempre di più. Non si possono certo in nessun modo avere buone prospettive per il futuro se gli uomini rimangono come sono ora. Esistono infat­ti diversi aspetti negativi che influenzano in modo straordinario la nostra vita contemporanea e che si trasmettono da un uomo all’altro quasi come un’epidemia, in modo che non solo chi ne è lievemente malato, chi è già stato attaccato da questa malattia venga in certo qual modo infettato, ma anche altri che sono for­ se soltanto deboli ma altrimenti sani.


L’antroposofia dovrebbe agire su chi la assimila in modo giusto, in maniera che non si impari solo: l’uomo si compone di corpo fisico, corpo eterico e così via, ma l'antroposofia dovrebbe agire in modo che nell’uomo si sviluppino in maniera giusta con forza e vigore le singole parti costitutive della natura umana.


Se ora si fa un esperimento molto semplice, ma lo si ripete con assiduità, una piccolezza può agire in modo miracoloso. Mi scuso se oggi parlo di singole osservazioni, di piccolezze che però possono essere o diventare aspetti molto importanti per la vita dell’uomo. La facilità alle piccole dimenticanze che gli uomini a volte mostrano ha infatti strette relazioni con quello che ho appe­na caratterizzato. La facilità alle piccole dimenticanze è spiacevo­ le nella vita; l’antroposofia però può anche mostrarci che la faci­lità alle piccole dimenticanze è nel suo vero significato dannosa alla salute. Anche se appare singolare, pure è vero: molti aspetti della natura umana che sono al limite del patologico verrebbero evitati, se gli uomini dimenticassero di meno.


Ora si potrà dire che gli uomini sono appunto soggetti alle dimenticanze; chi può dichiararsene del tutto libero? Ce ne rendiamo facilmente conto se abbiamo uno sguardo d’insieme della vita. Prendiamo per esempio un caso del tutto insignificante: un uomo si accorge di dimenticare, di non sapere mai dove ha messo le cose di cui ha bisogno. È qualcosa che capita nella vita. Uno non trova la sua matita, l'altro non trova mai i suoi gemelli che aveva deposto la sera e così via. Sembra strano e banale parlare di queste cose, ma esse accadono nella vita. Proprio osservando ciò che possiamo imparare dall’antroposofia, esiste un buon esercizio, per migliorarsi sempre più riguardo alle dimenticanze delle quali si è appe­na parlato; il sistema è semplice: supponiamo che una signora alla sera deponga per esempio una spilla o che un signore deponga i suoi gemelli in un posto, e che entrambi scoprano di non trovar­ li più il mattino dopo. Si potrebbe anche dire che ci si può abi­tuare a metterli sempre nello stesso posto. Non lo si potrà fare per tutti gli oggetti; ora non vogliamo parlare di questo modo di guarire se stessi, ma di un modo ben più efficace. Supponiamo infatti che qualcuno scopra di avere queste dimenticanze e si dica di voler mettere gli oggetti in posti diversi, ma un oggetto che deve poi ritrovare facilmente non voglia mai metterlo in un determinato luogo senza pensare a dove lo ha messo mentre lo ripone. Si provi poi ad imprimersi un poco il quadro di ciò che circonda l'oggetto. Supponiamo di porre una spilla di sicurezza sul bordo di un tavolo, vicino a un angolo; la depongo pensando di metterla vicino a uno spigolo e imprimo nella mia memoria l’angolo retto che la circonda come un’immagine nella quale la spilla sia circondata da due parti dagli spigoli; mi allontano poi rassicurato. Vedrò che, anche se all’inizio l’esperimento non mi riuscirà in tutti i casi, facendolo regolarmente la mia dimenti­canza diminuirà sempre di più. Tutto ciò deriva dal fatto di aver afferrato un determinato pensiero; il pensiero: depongo la spilla in quel luogo. Ho collegato il mio io con l’azione svolta e ho inoltre aggiunto un’immagine. La capacità di formulare nel pensiero immagini di quel che sto facendo, il pensare in immagini e inol­tre il collegare il fatto con il mio essere interiore, il collegamen­to dell’essere animico-spirituale, espresso dalla parola io, con la capacità di formulare immagini, tutti questi elementi possono per così dire acuirci la memoria, così da avere in tal modo acqui­ sito il vantaggio nella vita di avere meno facilità alle dimenti­canze. Non sarebbe però forse necessario fare tanto rumore se si fosse raggiunto solo questo scopo. Con questo esercizio si posso­ no infatti raggiungere risultati molto più importanti.


Supponiamo che per gli uomini diventi un’abitudine avere pensieri simili nel deporre determinati oggetti; tale abitudine provocherebbe un rafforzamento del corpo eterico umano. Esso viene in effetti consolidato e rafforzato sempre più agendo in tal modo. Abbiamo imparato dall’antroposofia che il corpo eterico o vitale è da considerare in un certo senso il portatore della memo­ ria. Se facciamo qualcosa che rafforza la capacità della memoria, possiamo già capire come un tale rafforzamento sia vantaggioso per il corpo eterico o vitale. Come antroposofi non dobbiamo meravigliarcene. Ammettiamo ora di consigliare a qualcuno ciò che abbiamo caratterizzato, non solo perché è soggetto a facili dimenticanze, ma anche perché mostra certi stati nervosi. Dicen­do a un uomo agitato o nervoso di accompagnare con simili pen­sieri la posa di oggetti, si vedrà come non solo egli diventi meno soggetto a dimenticanze, ma si vedrà anche come grazie al raffor­zamento del suo corpo eterico egli gradualmente perderà deter­minati atteggiamenti cosiddetti nervosi. Osservando la vita pra­tica avremo allora fornito una dimostrazione dell’esattezza di ciò che diciamo sul corpo eterico. Se infatti ci comportiamo in modo adeguato nei confronti del corpo eterico, esso mostra chiaramen­te di acquistare queste forze; è quindi giusto ciò che diciamo di esso. La vita dimostra in questo caso l’estrema importanza delle nostre asserzioni.


Parliamo ora di un altro aspetto che può sembrare nuova­mente una piccolezza, ma che è invece estremamente importan­te. Sappiamo che nell'entità umana quelli che possiamo chiama­re corpo fisico e corpo eterico sono immediatamente vicini. Il cor­po eterico è inserito direttamente nel corpo fisico. Nel nostro tempo si possono osservare aspetti, neanche tanto rari, della cui esistenza spesso non sono al corrente nemmeno le persone in cui li osserviamo. Facendo questa osservazione, e avendo un’anima sana e compassionevole, avremo appunto compassione delle per­sone su cui potremo fare tale osservazione. Tutti abbiamo visto per esempio delle persone a uno sportello postale, oppure perso­ne che scrivono molto, le quali fanno un movimento caratteristi­co prima di iniziare a scrivere una lettera dell’alfabeto; prima di iniziare a scrivere una b fanno nell’aria alcuni movimenti per poi scrivere. Non è necessario arrivare fino a queste forme; se la gen­te è costretta dalla professione a comportarsi in tal modo, abbia­mo già la predisposizione verso uno stato spiacevole; può essere, lo osserviamo qualche volta, che qualcuno, mentre scrive, debba darsi un nuovo avvio per ogni tratto, che in effetti scriva a colpi, non tracci alternativamente segni regolari verso l’alto e verso il basso, ma scriva a colpi. Lo si può osservare vedendo tali grafie.


Solo attraverso una conoscenza scientifico-spirituale possiamo comprendere tale stato nel modo seguente: nell'uomo completamente sano, sano rispetto al corpo fisico ed eterico, il corpo ete­rico, che viene diretto dal corpo astrale, deve sempre avere la capacità di inserirsi nel corpo fisico, e il corpo fisico in tutti i suoi movimenti deve poter divenire un servitore del corpo eterico. Quando il corpo fisico esegue dei movimenti per conto proprio che vanno oltre quel che può volere l’anima, che può volere il cor­po astrale, si è allora in una condizione malsana, vi è un prevale­re del corpo fisico sul corpo eterico. Presso tutti coloro che appun­to sono affetti dallo stato appena descritto ci troviamo quindi di fronte a una debolezza del corpo eterico che consiste nel fatto che esso non può più dirigere completamente il corpo fisico. Questo nesso tra corpo eterico e corpo fisico è la base occulta di tutte le situazioni di spasmo dipendenti sostanzialmente dal fatto che il corpo eterico agisce sul corpo fisico meno di quanto dovrebbe; così il corpo fisico domina e compie ogni movimento per conto suo; l'uomo è invece sano nella completezza del suo essere quan­do ciò che compie è sottoposto alla volontà del corpo astrale.


Esiste una possibilità di aiutare, sempre che questa condi­zione non sia già troppo progredita; bisogna soltanto tener pre­ senti i fatti occulti. Bisogna tener presente che il corpo eterico come tale deve essere rafforzato. Bisogna in un certo senso crede­re alla esistenza e alla capacità di azione del corpo eterico. Sup­poniamo che un pover’uomo si sia veramente rovinato a tal pun­to da agitarsi con le dita prima di iniziare a scrivere qualcuna del­ le lettere dell’alfabeto. È in ogni caso utile dargli allora il consi­glio di andare in ferie e di scrivere di meno per un certo periodo; riuscirà così a superare una tale condizione. Questo consiglio è però soltanto un mezzo consiglio; in effetti si potrebbe fare mol­to di più se gli fosse suggerita la seconda parte del consiglio; se gli si dicesse di cercare di acquisire un'altra scrittura, di modifi­care i caratteri della scrittura, senza però affaticarsi troppo (un quarto d’ora o mezz’ora al giorno sono sufficienti), in modo da essere costretto a non scrivere in modo meccanico come fino ad ora, ma a prestare attenzione. Mentre normalmente scrive una/in un certo modo, gli diciamo ora di scriverla più verticale e in for­ ma totalmente diversa, obbligandolo così a prestare attenzione. Lo abituiamo a dipingere le lettere dell'alfabeto.

Se la conoscenza dello spirituale si diffondesse maggiormen­te, quando un poveretto in tali condizioni torna dalle ferie e si è abituato a scrivere in un altro modo, i datori di lavoro non gli direbbero che è un tipo strano, che ha una scrittura completamente diversa. Si capirebbe che si tratta di una forma di cura molto importante. Quando cambia scrittura, l’uomo è infatti costretto a concentrare l’attenzione su ciò che fa; e concentrare così l’attenzione significa sempre collegare il proprio essere inte­riore con l’azione. D’altra parte tutto quanto collega il nostro essere interiore con quel che facciamo rafforza il nostro corpo eterico o vitale. E così facendo diventiamo più sani.


Non sarebbe nemmeno tanto azzardato se in pedagogia e nella scuola si lavo­rasse sistematicamente per rafforzare il corpo eterico già in gio­ventù. L’antroposofia deve oggi fare questa proposta che per mol­to tempo ancora non verrà realizzata, perché l’antroposofia verrà ancora a lungo considerata qualcosa fuori del normale presso chi deve dirigere l’educazione; ma questo non ha importanza. Quan­do insegniamo a scrivere ai bambini, supponiamo di avviarli a un certo modo di scrivere, e di spingerli poi a cambiare il carattere della scrittura senza altro motivo, dopo che abbiano scritto per un paio di anni in quel modo: una tale modificazione del carattere della scrittura e l’aumentata attenzione che così deve essere pre­ stata per tale modificazione rafforzerebbero il corpo eterico nel suo sviluppo e non comparirebbero molti stati nervosi da adulti.


Così si vede come si possa fare qualcosa nella vita per raffor­zare il corpo eterico o vitale; proprio questo è di estrema impor­tanza, perché è proprio la debolezza del corpo eterico o vitale che introduce nel nostro tempo molteplici condizioni veramente mal­ sane. Si può addirittura affermare, e non è per nulla esagerato, che alcune forme patologiche, giustificate nelle loro cause e contro le quali non si può intervenire, se il corpo eterico fosse più forte avrebbero un decorso ben diverso da quello che hanno con un cor­po eterico indebolito, che peraltro è una caratteristica dell’uomo di oggi. Così abbiamo già accennato a qualcosa che si può chia­ mare una elaborazione del corpo eterico. Adattiamo determinate cose al corpo eterico; ma non si possono adattare a qualcosa di cui si nega addirittura l’esistenza. Mostrando invece l’utilità dell’ap­plicazione di determinati esercizi al corpo eterico, e potendo dimostrare che essi hanno un effetto benefico, si mostra che esi­ste il corpo eterico. Dappertutto la vita fornisce le dimostrazioni relative per quel che ha da dare l’antroposofia. Se intraprendiamo qualcos'altro ancora per migliorare la nostra memoria, anche questo rinforza notevolmente il nostro cor­po eterico.


Nella vita di oggi si può sperimentare che quasi tutto quan­to è stato esposto sin qui non viene fatto, non viene per nulla applicato; nell’odierna vita frenetica giornaliera non si hanno poi molte occasioni per trovare la pace interiore, necessaria per svol­gere tali esercizi. Normalmente l'uomo, se è impegnato in un lavoro, di sera è stanco al punto che non è in grado di seguire i pensieri menzionati in precedenza; ma se la scienza dello spirito penetrerà veramente nel cuore e nelle anime degli uomini, si potrà allora vedere che molto di ciò che avviene oggi potrà esse­ re evitato e che in fondo sarà possibile per ogni singolo trovare il tempo necessario per svolgere tali esercizi rafforzanti. Se si dà importanza a questi aspetti nel campo dell'educazione ci si accor­gerà ben presto che ne conseguiranno risultati estremamente importanti.


Voglio ricordare ancora una piccolezza, che per altro non è molto utile in età avanzata. Ma se l'uomo non l'ha curata nella prima gioventù, è bene che vi si dedichi in età più avanzata. Si tratta di osservare le cose che facciamo, e non ha importanza se ciò che facciamo lasci una traccia oppure no. È relativamente facile farlo mentre si scrive. Sono addirittura convinto del fatto che diverse persone smetterebbero di avere una scrittura orrenda se provassero a osservare carattere per carattere quello che hanno scritto, se provassero a lasciar scorrere l’occhio ancora una volta su quel che hanno scritto. Si riesce a realizzare tutto questo abba­ stanza bene. Come esercizio è molto utile anche qualcos’altro. Intendo dire che si provi a osservare come si cammina, come si muove la mano, come si muove la testa, il modo di ridere e così via; per dirla in breve che si provi a crearsi un’immagine coscien­te dei propri atteggiamenti.

Per il fatto di osservare i suoi atteggiamenti, di guardare ciò che compie, di farsi una rappresentazione delle sue azioni, l'uomo ha il vantaggio, l’utilità che il controllo del suo corpo astrale sul cor­po eterico diviene sempre più saldo; il che significa che si è poi in grado di reprimere anche qualche gesto, quando se ne presenti la necessità. Sempre meno l’uomo si trova nella condizione di poter reprimere di sua spontanea volontà, oppure di poter modificare determinate cose che gli sono divenute abitudinarie. Poter fare le cose anche diversamente in determinate circostanze è per l’uomo una delle conquiste più importanti. Rafforzare l’uomo nel senso della scienza dello spirito è qualcosa che deve essere dato alla nostra civiltà attraverso la diffusione della scienza dello spirito.


È proprio di grande importanza quella che si porrebbe chia­ mare educazione della volontà. Ho già messo in rilievo prima che molto spesso la nervosità si manifesta per il fatto che oggigiorno gli uomini non sanno con precisione come riuscire a fare quel che vorrebbero o quello che dovrebbero volere. Hanno paura di svol­gere quello che si erano prefissi, concludono ben poco. Questo, e lo possiamo considerare per così dire una debolezza della volontà, deriva a tutta prima da un controllo inefficiente dell’io sul corpo astrale. Vi è sempre un controllo insufficiente del corpo astrale da parte dell’io tutte le volte che subentra una debolezza della volontà, articolata in modo che gli uomini vogliono qualcosa e nello stesso tempo non lo vogliono, o per lo meno non riescono a fare ciò che vogliono. Alcuni non arrivano nemmeno a volere seriamente ciò che vogliono volere. Esiste però un sistema molto semplice per rafforzare la volontà per la vita esteriore ed è di raf­frenare desideri che senza dubbio esistono, non realizzarli, quan­do la loro non realizzazione non comporta danni, quando è pos­sibile non soddisfare quei desideri. Se ci osserviamo nella vita tro­viamo dalla mattina alla sera innumerevoli cose che desideriamo, desideri che sarebbe anche bello vedere realizzati, ma troveremo anche molti desideri alla cui realizzazione si può anche rinuncia­re senza per questo danneggiare altri e senza danneggiare il pro­prio dovere, desideri la cui realizzazione comporta gioia, che pos­sono però anche restare non realizzati. Se con una certa sistema­ticità stiamo attenti a trovare fra i tanti desideri anche quelli di cui ci diciamo che qualcuno di essi non deve essere realizzato ora, se freniamo sistematicamente tali desideri, proprio la loro sop­pressione comporta un aumento della forza di volontà, della forza dell'io sul corpo astrale; non bisogna naturalmente prendere la cosa dal punto sbagliato, ma deve essere qualcosa che non porta danno, la cui realizzazione non comporterebbe altro che como­dità, gioia e piacere. Se ci dedichiamo a un tale esercizio in età adulta, potremo in questo senso ricuperare diverse qualità che oggi anche nell'educazione vengono spesso trascurate.


Così vediamo come basta che le nostre considerazioni siano guidate e indirizzate nella maniera giusta tramite quello che per noi può significare la scienza dello spirito; allora la scienza dello spirito non sarà solo teoria ma diventerà saggezza di vita, diven­terà veramente qualcosa che ci porca e ci guida nella vita.


Consideriamo ora qualcuno che chieda volentieri consigli, e il fenomeno può anche esser visto nel senso che ciò che ho detto la qualcosa contro cui si può discutere a lungo, potendo però trovare anche molti argomenti a favore; nella vita non si può espri­mere quasi nulla che in certo qual modo non possa essere anche contraddetto. Egli è di fronte a due persone che gli dànno consi­gli riguardo alla stessa cosa. Uno gli dice di sì, l’altro gli dice di non farlo. Vediamo nella vita che uno dei due riporta la vittoria determinante sull'altro. Quello che ha una più forte influenza sul­ la volontà riporta la vittoria sull’altro. Di fronte a quale fenome­no ci troviamo? Anche se appare di nessuna importanza, ci tro­viamo dinanzi a un fenomeno di estremo rilievo. Se mi trovo di fronte a due persone di cui una dice sì e l’altra no, e io realizzo il sì, allora la volontà della prima continua ad agire in me, la sua forza di volontà si fa valere in modo da incoraggiarmi a svolgere la mia azione. La sua forza di volontà ha riportato in me una vit­toria sull'altra persona, e quindi la forza di un altro ha vinto in me. Supponiamo ora che non mi trovi di fronte ad altre due per­sone, di cui una dice sì e l'altra no, ma che mi trovi veramente solo e che mi si presenti nel cuore il sì o il no; che così facendo adduca i motivi, senza che nessuno venga da me, ma io stesso adduca i motivi per il sì o per il no; se mi accingo poi all'azione dopo aver scelto il sì, allora tutto questo ha sviluppato una note­vole forza, ma ora in me stesso. Ora sviluppo io stesso nella mia anima la forza che prima l’altro aveva esercitato in me. Quando ci si mette interiormente di fronte a una scelta, si lascia così vince­re una forza su una debolezza, e questo è estremamente impor­tante perché di nuovo rafforza in modo validissimo il controllo sul corpo astrale. Esaminare seriamente il pro e il contro in tutti i singoli casi dove è possibile, è qualcosa che non deve essere considerato inopportuno; si vedrà che si è fatto molto per il raffor­zamento della propria volontà se si cerca di agire nel modo che ora è stato caratterizzato.


Ma tutto questo presenta anche un lato negativo: può cioè avvenire un indebolimento invece di un rafforzamento della volontà se, dopo aver chiarito i motivi pro e contro, non si agisce sotto l'influsso dell'una o dell'altra forza, ma per noncuranza, non seguendo né l’una né l'altra. Sembra così di aver seguito il no, ma in realtà si è stati solo pigri. Da tutto questo consegue che è bene tener conto della scienza dello spirito anche in questo caso, in modo da non esaminare attentamente il pro e il contro quan­do si è stanchi, quando si è spossati per un motivo qualsiasi, ma soltanto quando ci si sente forti, in modo da sapere: non sei spos­sato, puoi seguire veramente il pro e il contro che ti sei posto davanti all’anima. Bisogna quindi fare attenzione a se stessi, in modo da fare agire sull'anima tali cose al momento giusto.

Quando eliminiamo dalla nostra anima tutto ciò che erige una contrapposizione fra noi e il resto del mondo, fra noi e il mondo circostante, si arriva nel vero senso della parola alle atti­vità che rafforzano il controllo del nostro io sul corpo astrale. Dovrebbe appartenere agli impegni che un antroposofo prende verso se stesso quello di non tralasciare una critica giustificata. Se la critica è oggettiva sarebbe naturalmente una debolezza chia­ mare positivo quel che è negativo, per così dire per motivi scientifico-spirituali. Ma non è nemmeno necessario. È invece neces­sario imparare a distinguere ciò che si biasima per motivi ogget­tivi da ciò che si trova poco conveniente per le ripercussioni sul­ la propria persona. Più ci si abitua a rendere indipendente il giu­dizio sul nostro prossimo dal suo atteggiamento verso di noi, più si è in grado di farlo, meglio è per il rafforzamento del nostro io in rapporto al suo controllo sul corpo astrale. È per così dire bene imporsi di desistere, non per crogiolarsi e per dire: sei una brava persona se non critichi il tuo prossimo; per rafforzarsi ci si deve imporre di non disistimare le cose che si possono trovare antipatiche solo perché lo sono a noi; proprio nel campo dei giu­dizi umani vanno piuttosto applicati giudizi negativi solo quan­to noi stessi non entriamo in gioco. Vedremo che questo verrà accettato facilmente come principio teorico, ma che è difficilissi­mo da applicare nella vita.


Di fronte a qualcuno che ci ha menti­to, è bene per esempio trattenere la propria antipatia verso di lui perché ha mentito proprio con noi. Non occorre andare da altri e dire ciò che egli ci ha raccontato, ma è bene trattenere il senti­ mento di antipatia suscitato dal fatto che ci ha mentito. Averlo osservato per diverso tempo, osservare come le sue azioni si accor­dino fra toro, può servirci per formare un giudizio sull’interessa­to. Se una persona parla una volta in un modo e un’altra volta in un altro, per un giudizio su di lei è sufficiente confrontare ciò che è in lei per avere una base ben diversa da quella che avremmo mettendo in evidenza il suo comportamento verso di noi. L’im­portante è lasciare che le cose si esprimano da se stesse, oppure comprendere le persone nelle loro azioni e non giudicarle da sin­gole azioni, ma da come le loro azioni si connettono fra loro. Anche di fronte a chi viene ritenuto un furfante per eccellenza e di cui si dice che non fa altro se non ciò che concorda con il concetto di furfante, si vedrà che si troveranno molti aspetti che non concordano, che sono in contraddizione col resto. Non è necessa­rio rilevare il rapporto con se stessi, si può prescindere da se stes­si per mettere davanti alla propria anima l’uomo nel suo com­ portamento caratteristico, se è proprio necessario dare un giudi­zio su di lui. Per il rafforzamento dell’io è bene pensare che in ogni caso potremmo tralasciare ben nove decimi dei giudizi che facciamo. Se per così dire ci poniamo veramente davanti all’ani­ma solo un decimo dei giudizi che si fanno sul mondo, è più che sufficiente per la vita. La vita non viene in nessun modo danneg­giata nemmeno per noi stessi, per il fatto di rinunciare ai rima­nenti nove decimi dei giudizi che appunto formuliamo molto spesso.


Apparentemente oggi ho esposto soltanto problemi di poca importanza, ma ogni tanto deve essere nostro compito considerare anche questi aspetti, poiché proprio attraverso di essi si può mostrare come il piccolo possa essere importante nelle sue conse­guenze, come dobbiamo considerare la vita da un aspetto tutte diverso da quello cui siamo abituati, se vogliamo vivere una vita sana e forte.


Non sempre è giusto dire che quando uno si amma­la lo si manda in farmacia affinché trovi ciò di cui ha bisogno. Giusto sarà configurare tutta la vita in modo che gli uomini si ammalino meno, oppure che le malattie siano meno oppressive. Saranno meno oppressive quando, attraverso queste piccole cose, l’uomo avrà rafforzato l’influsso dell'io sul corpo astrale, del cor­po astrale sul corpo eterico, e del corpo eterico su quello fisico. Auto-educazione e influsso sull’educazione sono cose che possono nascere dalla nostra convinzione antroposofica.


Rudolf Steiner

O.O. 143 - Esperienze del Sovrasensibile

 

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